Quanto è intelligente questa AI

Distinguiamo tra AI debole e AI forte e cerchiamo di capire le relazioni del pensiero e del comportamento, tra razionalità e umanità.

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Sviluppatore / Ingegnere informatico / Funzionario, Collaboratore di IProgrammatori

Nei precedenti articoli abbiamo parlato di quanto si discuta, oggi, sull’intelligenza artificiale e sulla eventualità che in futuro l’AI possa predominare e sottomettere o addirittura distruggere l’Umanità.

Qui siamo nel campo di macchine che elaborano le informazioni e agiscono “come se” avessero realmente un cervello simile all’Uomo e quindi questo rischio sembra essere possibile.

Al momento, questo pericolo non sembra essere all’orizzonte, anche perché dobbiamo distinguere tra “AI debole” e “AI forte”: sono due termini coniati dallo studioso John Searle per intendere quello che vedremo nel seguito di questo articolo.

Nel seguito tratteremo anche alcuni aspetti del pensiero e dell’agire umano e del pensiero e dell’agire razionale, concetti molto importanti che noi diamo per scontati, ma che le macchine intelligenti non possono raggiungere facilmente.

AI debole e forte

Per quanto riguarda l’AI debole, lo scopo principale è quello di emulare solo alcune delle funzionalità del cervello umano: interpretare l’ambiente circostante con la visione artificiale (con applicazioni di interazione con l’ambiente, di guida autonoma, di spostamento e di trasporto di oggetti in un magazzino, ecc.), tradurre in testo qualcosa di letto o di ascoltato, tradurre in espressione vocale qualcosa di letto o di elaborato, fare traduzioni da una lingua a un’altra lingua, fare riassunti di un testo, elaborare insiemi di dati e così via.

Non esiste alcun pensiero autonomo, le tipologie di elaborazioni che ho appena esposto sono frutto di elaborazioni analitiche basate principalmente sulla matematica e sulla statistica (espressioni, funzioni, matrici e vettori, derivate…).

Siamo praticamente nel campo del problem solving: la macchina è in grado di risolvere problemi complessi, ma specifici, in un tempo enormemente inferiore, spesso con una precisione molto elevata.

Ecco perché alcune delle definizioni che più sono associate all’attuale intelligenza artificiale sono “machine learning” (apprendimento automatico) e “deep learning” (apprendimento profondo).

Nel caso della AI forte, non parliamo solo di una semplice macchina programmata per svolgere alcune attività in modo automatico, ma di una macchina che sviluppa delle capacità cognitive non distinguibili da quelle umane, con una autonomia di pensiero paragonabile a quella umana.

È quella che viene chiamata AGI: intelligenza artificiale generale, applicabile nella generalità dei problemi e delle situazioni in cui può trovarsi la macchina, analogamente a una persona.

Una AI di questo livello dovrebbe essere dotata di logica matematica in grado di rappresentare l’intero scibile umano, il ragionamento su un problema, l’analisi del linguaggio e la pianificazione per algoritmi.

Non siamo ancora al punto di avere una vera mente artificiale, sebbene le attuali AI abbiano molte abilità che simulano quelle umane in modi molto efficaci ed efficienti.

Ci arriveremo mai? Secondo alcuni studiosi non è possibile; altri dicono che succederà nel 2040. Oggi è difficile dire dove si arriverà, considerato che praticamente ogni giorno vediamo annunci di nuovi traguardi superati e di aziende che hanno sviluppato qualcosa di nuovo e di diverso.

Tutti noi siamo molto curiosi di sapere cosa succederà e, a questo proposito, non può non venire in mente la canzone di Claudio Baglioni in cui dice “l’unica paura del futuro è di non esserci”.

I quattro approcci degli studiosi verso la AI

Dall’incrocio tra la dimensione umana e la dimensione razionale con il pensare e l’agire, possiamo ricavare i quattro approcci attuali degli studiosi nei confronti dell’intelligenza artificiale:

  • agire umanamente
  • pensare umanamente
  • pensare razionalmente
  • agire razionalmente

Questi aspetti, messi in un quadrante che rappresenta l’incrocio tra la “dimensione” (umana o razionale) e l’azione/comportamento (umani o razionali), sono collocati come nell’immagine che vi proponiamo (Figura 1).

Figura 1 – Quadrante dimensione/capacità

Quadrante dei 4 approcci degli studiosi alla AI

L’azione e il comportamento dipendono dal pensiero, quindi sono una evoluzione della capacità di pensiero di un soggetto umano e non umano. Allo stesso modo la dimensione razionale è più deterministica rispetto alla dimensione umana, in cui non sempre l’azione e il comportamento sono prevedibili.

La complessità di un sistema di intelligenza artificiale si rivela quindi molto varia, rispetto alla capacità di pensiero e di azione.

Per “capacità di azione” si intende la capacità dell’AI di interagire con l’ambiente: per esempio la capacità di vedere e di comprendere lo spazio e gli ostacoli, di udire i suoni, di comprendere il linguaggio verbale e di esprimere anche verbalmente il pensiero, di movimento ecc.. Alcune di queste azioni richiedono un sistema robotico o, almeno, dei sensori e/o degli attuatori.

Esaminiamo quindi tutte e quattro le componenti del quadrante per capire meglio come siamo posizionati oggi rispetto all’intelligenza artificiale.

Il pensiero razionale

Il problema della logica nel pensiero umano ha interessato l’Umanità sino dai tempi di Aristotele, il quale cercava di codificare il “pensiero corretto”.

Di Aristotele sono i “sillogismi” che forniscono deduzioni corrette, ma solo quando partono da premesse corrette. Un tipico sillogismo è il seguente:

Socrate è un uomo - Tutti gli uomini sono mortali - (quindi) Socrate è mortale

Questo tipo di deduzioni ha portato alla nascita della disciplina della “logica formale” con una notazione più espressiva di quella matematica. Sin dal 1965 sono esistiti programmi in grado di gestire questa notazione formale e quindi risolvere qualsiasi problema di logica.

L’intelligenza artificiale cerca di utilizzare gli stessi meccanismi per realizzare sistemi intelligenti. Purtroppo, però, questo presuppone una conoscenza della realtà molto approfondita, in grado di rappresentare qualsiasi cosa con assoluta certezza. Questa certezza, nella realtà, non esiste per gran parte delle cose e pertanto bisogna utilizzare, spesso, un buon grado di probabilità statistica, per rendere la realtà meno incerta e garantire un certo rigore di pensiero razionale.

Un pensiero razionale, però, non sempre garantisce un comportamento intelligente. Ecco perché ci serve anche una teoria dell’azione razionale.

Azioni e comportamento razionale

Le azioni e il comportamento razionale hanno certamente una componente di pensiero razionale per poter funzionare correttamente.

Questo ambito, però, richiede anche delle capacità aggiuntive: fare le cose giuste (per ottenere il massimo risultato o il minimo “costo”), perseguire un obiettivo, adattarsi all’ambiente e ai cambiamenti, agire in autonomia.

Le persone, solitamente, ritraggono rapidamente la mano quando viene a contatto con qualcosa di molto caldo, cercano di ripararsi quando c’è un rischio o un pericolo imminente (un animale aggressivo, la grandine…): questo è un comportamento innato nelle persone e ha una componente logica che un sistema intelligente dovrebbe poter acquisire, se necessario.

Quando un sistema intelligente è in grado di agire in modo razionale è semplice dimostrarlo. Dimostrare che un sistema intelligente sta agendo e si sta comportando in modo umano è impossibile.

Per quanto riguarda l’ambito delle azioni e del comportamento razionale, quindi, possiamo dire che si tratta di un risultato raggiungibile e, finora, sempre perseguito in modo prevalente nei progressi dell’intelligenza artificiale.

Il pensiero umano

Indagare sul pensiero umano e replicarlo in una macchina è estremamente più complesso, anche se più volte nella storia si è ipotizzato di poterlo fare. Qui ricadiamo nel campo delle “scienze cognitive” che sono trattate in innumerevoli opere della letteratura scientifica e umanistica.

L’indagine può essere effettuata in modi diversi che possono anche essere complementari: può trattarsi di una indagine autonoma, in cui noi stessi analizziamo i nostri stessi pensieri; può trattarsi di una indagine che viene effettuata verso altre persone; oppure utilizzando le immagini diagnostiche per analizzare gli effetti fisici del pensiero direttamente all’interno del cervello. Quest’ultima analisi ha dato la possibilità di sviluppare alcune protesi (mani, braccia, gambe) comandate dal pensiero, comunicatori informatizzati per persone con problemi motori e persino alcuni primi risultati di lettura del pensiero, seppure allo stato ancora embrionale e con qualche problema etico da risolvere (“è giusto leggere nel pensiero?”).

Come già detto, confermare con prove certe che un sistema intelligente pensa in modo umano è praticamente impossibile. Questo implica che la ricerca in questo campo è ancora aperta, rendendo incerta la previsione dei possibili futuri risultati.

Agire in modo umano

Come ultimo passaggio, cerchiamo di analizzare le azioni e il comportamento umani.

Una macchina in grado di pensare in modo umano potrebbe sviluppare, con opportuna strumentazione, anche la capacità di agire in modo umano.

Del pensiero umano ho già trattato in precedenza, ma aggiungo che richiede delle abilità specifiche. Per esempio, deve saper interpretare il linguaggio naturale (anche in diverse lingue); deve saper rappresentare la conoscenza; deve poter applicare un ragionamento automatico e deve saper apprendere in modo automatico.

Vi suona familiare tutto questo? ChatGPT è già in grado di fare tutto questo e anche qualcosa in più!

Il famoso “test di Turing”, concepito da Alan Turing nel 1950, è un metodo che permette di stabilire se un sistema è sufficientemente intelligente da rendersi indistinguibile da una persona umana. Di questo test c’è anche una cosiddetta versione completa chiamata “test di Turing totale” che consiste nel considerare anche altre abilità di interazione con l’ambiente, quali: la visione artificiale, il riconoscimento vocale e la robotica.

Già oggi ci sono delle macchine in grado di simulare discretamente le movenze, le espressioni e i comportamenti umani, per cui in un prossimo futuro potremo vedere risultati sorprendenti.

Conclusione

Ultimamente è capitato di accennare il tema dell’intelligenza artificiale a un dirigente informatico in ambito della Sanità pubblica. Il suo commento, con tono sprezzante, è stato: “Ah, sì, adesso va tanto di moda!”.

Purtroppo, anche persone che la tecnologia e il progresso dovrebbero cavalcarli tutti i giorni, non sempre riescono a cogliere l’importanza di un salto epocale come quello che stiamo vivendo, con tutti i rischi e le opportunità che ci viaggiano insieme.

E voi volete cavalcare l’onda, oppure farvi sommergere?